di Adele Sarno su REPUBBLICA.it
tratto da The Journal of Neuroscience, March 16, 2016
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, lo zen ha un effetto analgesico. Durante l’esercizio della concentrazione “positiva”, nel cervello si accendono alcune aree e se ne spengono delle altre in un’azione “combinata” che riduce la sofferenza anche del 40%
Altro che analgesici: quando il dolore è troppo forte basta un’ora di meditazione.
ROMA – La capacità di concentrare la propria mente e liberarla dai pensieri negativi, infatti, avrebbe il potere di ridurre l’intensità del dolore fino al 40%. Non solo, abbasserebbe del 57% anche quella sensazione spiacevole che segue la sofferenza. Queste “certezze” sono il punto d’arrivo di uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, secondo il quale lo zen batte i farmaci perché è in grado di influenzare l’attività delle aree cerebrali che controllano lo stimolo doloroso, regolandone il grado di intensità. In altre parole, dicono i ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Salem (Usa), la meditazione ha il potere di “assopire” la corteccia somatosensoriale e di “svegliare” il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. Questa azione “combinata” sulle aree che governano la percezione del dolore ha un potere analgesico.
“L’effetto che abbiamo riscontrato è sorprendente – spiega Fadel Zeidan, autore dello studio – basti pensare che la morfina o altri antidolorifici riducono in media il dolore del 25%”. Per testare gli effetti positivi della meditazione sul dolore, il team ha coinvolto 15 volontari. Tutti erano novizi dello zen. Per questo il campione è stato invitato a partecipare a un corso intensivo di una paricolare forma di meditazione, chiamata ‘mindfulness’. Ogni lezione di “attenzione focalizzata” durava 20 minuti, durante gli incontri ai partecipanti si chiedeva di concentrare la mente sul respiro, di mandare via pensieri intrusivi ed emozioni negative.
Contemporaneamente gli studiosi, con un’apposita apparecchiatura sistemata sotto la gamba destra dei soggetti, generavano per cinque minuti un calore dolorifico, raggiungendo una temperatura di 49 gradi centigradi. Prima e dopo le lezioni, i ricercatori fotografavano ciò che accadeva nel cervello dei partecipanti grazie a una speciale risonanza magnetica, chiamata Arterial spin labelling. Questa particolare tecnica è in grado di rilevare, attraverso la mappatura del flusso sanguigno, l’intensita del dolore. Così registravano le reazioni dei partecipanti al dolore sia durante l’esercitazione sia mentre erano a riposo. E’ emerso che la meditazione spegne il dolore riducendolo del 40%, con delle punte del 93% in alcuni volontari.
A livello cerebrale le scansioni hanno messo in evidenza una riduzione significativa dell’attività della corteccia somato-sensoriale, un’area fortemente coinvolta nella genesi della sensazione di dolore. Contemporaneamente si iperattivavano anche altre zone: il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. “Queste regioni cerebrali – dicono i ricercatori – plasmano il modo in cui il cervello costruisce l’esperienza del dolore a partire dai segnali nervosi provenienti dal corpo”. Una delle ragioni per cui la meditazione può essere stata così efficace nel bloccare il dolore è che non agisce su una singola regione del cervello, ma a più livelli.
“Questo studio – dice Fadel Zeidan – mostra che la meditazione produce effetti realmente positivi sul cervello. E che quindi potrebbe garantire il controllo del dolore senza l’utilizzo di farmaci”.
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In allegato l’articolo originale – The Journal of Neuroscience, March 16, 2016 • 36(11):3391–3397 • 3391